NonSolo.TV intervista Catia Valentini, presidentessa della sezione AID Parma: “Alunni con DSA? Bisogna farli sentire compresi”

Catia Valentini intervistata da NonSolo.Tv in occasione dell’evento scolastico di sensibilizzazione studenti con DSA

Catia Valentini, presidentessa della sezione AID di Parma, Associazione italiana dislessia ha raccontato la sua storia all’evento per sensibilizzare gli alunni con DSA, tenutosi all’Istituto Tecnico Economico G.B. Bodoni di Parma lo scorso 11 aprile. La sua vicenda permette a chi vive con famigliari, parenti o conoscenti dislessici di trovare un sostegno umano in primis. Per questo noi di NonSolo.tv abbiamo deciso di incontrare Valentini per una breve intervista.

L’intervista a Catia Valentini

Ci racconta com’è nato questo progetto di sensibilizzazione nei confronti delle persone con DSA?

In realtà, è stata proprio la scuola che ha chiesto il nostro aiuto, perché dopo la pandemia si è resa conto che un po’ la situazione è degenerata. La dislessia è una caratteristica che ingloba anche i BES, che sono i bisogni educativi speciali. Quello che ho notato in questi due anni, siamo diventati un po’ tutti BES perché abbiamo avuto un disagio comune. Di conseguenza la scuola ha notato che anche quei ragazzi che erano ai limiti della diagnosi sono crollati. Quindi, grazie a questo progetto creato da una professoressa referente in DSA, abbiamo pensato di iniziare a fare informazione per poi sfociare in un altro progetto sulle misure compensative dispensanti. Dal prossimo anno inizieremo a fare una collaborazione di questo tipo.

L’associazione AID invece com’è nata?

L’associazione è stata fondata dal dott. Giacomo Stella e il dott. Ghidoni, e in particolare, da un gruppo di genitori che erano psicologi e psicoterapeuti, che hanno fatto conoscere la dislessia anche agli altri genitori, poiché l’hanno vissuta sulla loro pelle. La maggior parte dell’associazione è formata da genitori volontari, insegnanti che hanno figli DSA, psicologi e psicoterapeuti volontari e che mettono a disposizione le loro competenze.

Che cosa insegna questa giornata sia alle persone DSA sia non DSA?

Dunque, questa giornata di sensibilizzazione è molto utile sia per i ragazzi DSA e sia non DSA, perché bisogna far sentir compresi quelli che hanno questo tipo di diagnosi. Infatti, molti di loro hanno paura di far sapere ai loro coetanei che sono dislessici, ma in realtà, hanno semplicemente una caratteristica che si porteranno dietro per tutta la vita. Si nasce e si muore dislessici, ma ciò che è importante è l’inclusività perché un dislessico è una persona come un’altra. Io ad esempio, ho scoperto di essere dislessica a 47 anni tramite i miei figli, però mi sono sempre sentita un po’ in difetto. Ora che ho accettato la diagnosi, mi sono liberata di un peso enorme anche grazie alla maturità, che mi ha fatto provocare questo “scatto”. Quindi, in realtà il problema non ero più io, ma erano gli altri che non mi capivano. Quello che ci tengo e che venisse evidenziato in questo evento e che ci accomuna tutti noi DSA, è che è stata varata la legge 170 sia per il mondo della scuola che per quello del lavoro. Dunque, le persone DSA che vorranno dichiarare al proprio datore di lavoro che hanno questa caratteristica, avranno tutti gli strumenti che hanno diritto a essere al pari degli altri. Insomma, abbiamo una modalità diversa di apprendere e di prendere appunti ed è tutto collegato. Ad esempio, noi qui siamo in un istituto tecnico e quando un alunno finisce la scuola può andare all’Università o al lavoro direttamente, e quindi, questo progetto è un pezzettino che si aggiunge a qualcosa che prima non c’era e posso garantire che fa la differenza. Infatti, ho provato sia a non dire che sono dislessica e sia a dirlo con molto entusiasmo. Ho capito che noi DSA magari abbiamo qualcosa che gli altri non hanno, ad esempio la sensibilità o il riuscire a spiegare meglio le informazioni o come ci sentiamo ai nostri colleghi. Poi ho notato grazie a questo che ci sono alcuni colleghi, che pur non sapendo della mia dislessia, mi danno una mano lo stesso mentre altri (come il caso di una mia responsabile), mi mettevano i bastoni tra le ruote o mi giudicavano per una cosa che loro nemmeno sanno. Io molto spesso ero giudicata per la mia lentezza anche a scuola, e infatti, come tutti i ragazzi DSA, mi serviva un 30% di tempo in più ed è tutto collegato.

Quindi, ci sono tante aspettative per il futuro. Quali sono?

Il sogno di AID sarebbe di poter distendere questa legge 170 anche all’Università, cosa che già c’è in altri atenei con uno sportello dedicato per disabilità e DSA, ma non essendoci una legge che impone è discrezione degli insegnanti. Comunque, AID ha fatto tanto. Io sono entrata nel mondo della dislessia con la legge, quindi, con la prima riunione che ho assistito nel 2010. E’ stata percorsa tanta strada e secondo me ce n’è ancora tanta da fare, però, se ci uniamo tutti e ognuno dà il suo piccolo, ce la possiamo fare. A me l’associazione mi ha dato tanto ed è qualcosa in cui io credo perché mi ha supportato quando ne ho avuto bisogno principalmente per i miei figli.

 

 


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