Il Festival della carne di cane di Yulin è una tradizione disumana che, per la durata di dieci giorni, prevede la mattanza di migliaia di cani e gatti.
Nonostante questo rito immondo sia stato denunciato, già da molti anni, da parte degli animalisti di tutto il mondo, come Humane Society International, l’organizzazione internazionale animalista che opera dal 1954, anche quest’anno in Cina verranno torturati e uccisi barbaricamente, con legnate in testa e cucinati ancora vivi, questi poveri animali indifesi.
E se già questo bastasse abbondantemente a prendere le distanze e cercare in ogni modo di fermare questa ecatombe, c’è di più.
In piena pandemia da Covid-19, la mostruosa manifestazione avverrà in un gigantesco wet market, mercato umido, dove, proprio come a Yulin, non viene rispettata alcuna norma igienica.
Proprio i wet market, ricordiamo che sono stati da dove il coronavirus è partito e si è propagato; a nulla, sembra essere servito il provvedimento del governo cinese che elevando a ‘bestiame da compagnia’ sia i cani che i gatti ne ha vietato la macellazione e il consumo, e ancora, a nulla sembrano essere servite i milioni di morti dovuti al coronavirus.
Tanto è vero che questa tipologia di mercati sembra essere ancora diffusa e la maggior parte dei venditori ora sono concentrati nella zona del mercato di Nanchao, avendo abbandonato il noto mercato Dongkou, che in precedenza era l’epicentro del commercio.
Non è un caso che Yulin sia tra le dieci città peggiori al mondo per numero di casi di rabbia e che la sua provincia, il Guangxi, rientri tra le cinque aree in cui la rabbia è più diffusa tra gli esseri umani.
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