Chiudono battenti 1.200 punti vendita concentrati principalmente in Asia e in Europa. Così il gruppo Inditex, colosso galiziano della moda fast fashion fondato negli anni ’60 da Amancio Ortega (l’uomo più ricco di Spagna), studia il riassetto post Covid-19.
La holding Inditex, cui fanno capo i marchi Pull&Bear, Zara, Stradivarius, Bershka, Oysho, Massimo Dutti e Uterque ha accelerato una strategia che era già nei suoi piani, quella cioè, di un progressivo spostamento dalla dimensione fisica della vendita a quella digitale.
Il crollo delle vendite fisiche ha reso non più profittevole una parte non trascurabile dei 7469 punti vendita afflitti, anche prima della pandemia, da un rincaro dei canoni di locazione non più sostenibile.
Ortega sarebbe intenzionato a concentrare gli investimenti sui negozi collocati nelle vie della moda, in tutte le grandi città del mondo, dove sarebbe potenziato pure il servizio per ritirare i capi ordinati online.
Da definire, invece, la sorte dei punti vendita situati nelle gallerie dei centri commerciali.
L’investimento nell’e-commerce è uno degli obiettivi per gli anni a venire, con l’obiettivo di portare il peso del canale digitale da un settimo a un quarto delle vendite entro il 2022, ed è stato accelerato proprio dal cambiamento di condizioni generato dal Covid-19, con i consumatori che durante il lockdown hanno sperimentato (magari per la prima volta) lo shopping digitale.
Il gruppo Inditex non è l’unico a sperimentare questo cambio di passo:?H&M, altro big del fast fashion, ha annunciato diverse chiusure tra cui quelle di otto negozi italiani, da Milano a Bari.
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