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La storia di Wei, l’uomo che vive all’interno di un aeroporto per sfuggire alla sua famiglia

Wei Jianguo, un uomo cinese sulla 60ina, ha trovato casa – ormai già da qualche anno – in un luogo decisamente insolito: l’aeroporto internazionale di Pechino. Da ormai oltre 16 anni, vive all’interno del terminal, circondato dai suoi pochi effetti personali, un sacco a pelo e provviste di cibo e bevande. La sua storia richiama alla mente quella del personaggio interpretato da Tom Hanks nel film ‘The Terminal‘ del 2004, in cui un uomo si trova bloccato in un aeroporto. Ma, a differenza del personaggio di finzione, Wei ha scelto volontariamente questa vita.

Wei ha deciso di trasferirsi all’aeroporto per evitare le restrizioni imposte dalla sua famiglia, che gli chiedeva di smettere di fumare e bere. “Non posso tornare a casa perché lì non ho libertà” ha dichiarato Wei in un’intervista al “China Daily” nel 2018. La sua famiglia aveva stabilito che, per restare con loro, Wei avrebbe dovuto rinunciare alle sue abitudini e consegnare loro la sua indennità governativa mensile di 1.000 yuan (circa 120 euro). Tuttavia, Wei preferisce usare questa somma per acquistare sigarette e alcol, beni che considera essenziali per la sua libertà personale.

Wei ha trovato quindi nel Terminal 2 dell’aeroporto di Pechino un rifugio ideale, grazie al suo clima caldo e all’ambiente relativamente accogliente. In effetti, l’uomo si sposta raramente dal terminal, uscendo solo quando ha bisogno di fare acquisti. “Qui non prendo freddo” ha spiegato Wei, evidenziando uno dei vantaggi principali della sua residenza non convenzionale. Durante i rigidi inverni del distretto di Shunyi, dove le temperature possono scendere fino a -13°C, l’aeroporto offre un rifugio sicuro e riscaldato. La presenza di Wei non è, però, rimasta del tutto inosservata. Il personale dell’aeroporto lo conosce bene, descrivendolo come un ubriacone a volte rumoroso ma fondamentalmente innocuo. Nonostante alcuni tentativi di farlo allontanare, Wei ha sempre resistito, soprattutto quando era sotto l’influenza dell’alcol. Tuttavia, il suo comportamento generalmente pacifico e il fatto che non infastidisce gli altri passeggeri gli hanno permesso di rimanere indisturbato per anni.

Incredibilmente, la storia di Wei non è un caso isolato. Nel mondo, ci sono stati altri “residenti” di aeroporti che, per vari motivi, hanno scelto o sono stati costretti a vivere in questi luoghi. Il caso più famoso è quello di Mehran Karimi Nasseri, l’iraniano che ha vissuto per 18 anni nel Terminal Uno del Charles de Gaulle di Parigi (proprio a Karimi sarebbe stata ispirata la storia del film succitato ‘The Terminal’).

In Turchia, invece, Bayram Tepeli ha trascorso 27 anni all’aeroporto Ataturk di Istanbul a causa di problemi familiari, fino alla chiusura dell’aeroporto nel 2019 (da allora l’uomo si è trasferito al Sabiha Gokcen Airport, a testimonianza che per lui la vita aeroportuale era una scelta di vita definitiva).

Anche per Wei la vita in aeroporto è diventata una sorta di rifugio permanente. Dopo essere stato licenziato da una fabbrica di motori a 40 anni, Wei ha rinunciato a cercare un nuovo lavoro. La sua residenza a Wangjing, a circa 20 km dall’aeroporto, non è più una destinazione praticabile per lui. Wei ha deciso di rimanere in questo limbo autoimposto, nel più classico dei non luoghi, dove può vivere secondo le sue regole, libero dalle aspettative familiari e sociali.

Mario Barba

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