Si intitola “Aretusa” il nuovo singolo firmato da gruppo siciliano Miqrà. Un traccia che nasce dal cammino artistico della band e dalla esperienza nei viaggi. Un percorso musicale che ci porta in eco mediterranee antiche, nelle radici, tra suono del mare e affascinanti dei.
D: Siete nati nel 2012, quindi già avete alle spalle un ottimo percorso artistico. Come siete arrivati al nuovo singolo “Aretusa”?
R: Il percorso è stato impervio e lungo, anni di musica live per poi, nel 2018, decidere che era arrivato il momento di creare qualcosa di concreto che restasse in eterno. Da lì la registrazione del primo disco, il tour, gli altri momenti in studio ed i festival che ci hanno arricchito umanamente ed artisticamente.
Se ci penso Aretusa nasce proprio da lì, dai chilometri percorsi che sono tanti, la strada che ha iniziato a solcare le prime rughe nel mio viso, perché mi serviva qualche ruga in più per scrivere Aretusa. Quindi è così che nasce: viaggiando e guardandosi attorno, con il mondo che cambiava mentre anche noi inevitabilmente cambiavamo.
D: Il vostro nome vi lega anche indissolubilmente alla vostra terra. Cosa rappresenta musicalmente e anche umanamente essere siciliani e meridionali?
R: Quando nasci circondato dal mare hai due possibilità: vederlo come il confine della tua terra oppure, se sei fortunato, immaginarlo come l’orizzonte da solcare in cerca di mondi e storie lontane. Umanamente credo serva a forgiarti l’idea di accoglienza, che si rispecchia anche nei Miqrà e nel loro essere un collettivo di musicisti che da sempre accoglie altri artisti in collaborazioni. Musicalmente, invece, essendo stata la Sicilia terra di molteplici culture ospitate, abbiamo la fortuna di poter “rubare” qualcosa dalla tradizione greca, romana, normanna ed araba, finendo per miscelare miriadi di provenienze che rendono impossibile (o comunque ardua) l’idea di catalogarci con un genere musicale, perché a queste abbiamo aggiunto l’infinità di mondi e di posti che la musica stessa ci ha spinto a visitare.
D: Il mare, che ricorre nel vostro ultimo singolo è sinonimo di bellezza, mito, ma anche morte. Come riuscite concettualmente ad unire tutto questo nel brano?
Ogni volta che metto i piedi nudi in acqua cerco di ricordare che nessun mare ha solamente una costa, perché è questo l’errore che spesso facciamo. E siamo lì a bagnarci nella stessa acqua, quella che rappresenta divertimento e refrigerio per qualcuno, mentre per altri è luogo di tentata salvezza o morte.
Il mare ha una memoria infinita, proprio per questo può mantenere, a differenza nostra, il ricordo dei secoli e di tutte le storie che lo attraversano. Quindi no, non siamo stati noi a racchiudere tutto questo nel brano, è il mare che conserva tutto e tutto porta con sé.
D: Leonardo Sciascia diceva che per capire quanto è incredibile l’Italia bisognerebbe andare in Sicilia. Vi ritrovate in questa affermazione?
R: Onestamente, che non ce ne voglia Sciascia, credo proprio di no. Non più almeno. Veniamo da un luogo in cui tutto ha una velocità diversa, lenta e cadenzata su alcuni aspetti della vita, frenetica e caotica su altri. Forse in questo enorme vortice è possibile rivedere, come dal finestrino di un treno, lo scorrere di ogni cosa che ci circonda e provare a capire quanto di incredibile c’è in questo Paese. Questa Italia che ormai procede a velocità diverse non può più essere racchiusa, credo che non sia più fattibile, gli ultimi decenni poi sono stati tremendi (ma questo, ad onor del vero, Sciascia non poteva prevederlo). Quindi se vogliamo provare a capire questo enorme “puzzle” dico che è necessario fare lo sforzo di visitarlo tutto. Dai vicoli di Napoli, alla periferia romane, passando per la campagna Toscana, i colli emiliani, il Polesine, le grandi città del nord, le Alpi che ci circondano ed ogni singola isola. In fondo è anche questo che noi musicisti sogniamo di fare: portare le nostre note ovunque.
D: Prossimamente su cosa state lavorando?
R: Siamo in studio di registrazione per lavorare al nostro nuovo disco, è una creatura che sta prendendo forma giorno dopo giorno, proveremo a difenderla dal caldo dell’estate e dalle stranezze del tempo. Così magari, quando tornerà il freddo, sarà pronta a vedere la luce e diventerà di tutti.
Questo è il disco della consapevolezza di ciò che siamo e, soprattutto, di ciò che potremmo essere.
Sarà un gran disco!
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