Jojo Rabbit è un film del 2004 tratto dal romanzo Il cielo in gabbia di Christine Leunens.
La pellicola si inserisce tra i contenuti da guardare nella Giornata della Memoria ed ancora oggi rimane di impatto, merito anche del regista Taika Waititi, che ha tratto ispirazione dalla sua personale esperienza: figlio di ebrei ha vissuto il razzismo sulla propria pelle e ne ha trasportato le sensazioni cinematograficamente.
Ma Jojo Rabbit è veramente esistito?
Il film che per la sua sceneggiatura si è conquistato un Oscar e un BAFTA, è il racconto di Johannes Betzler, detto Jojo, un ragazzino che vive soltanto con sua madre e con la convinzione di essere un fervido sostenitore dei nazisti. La storia è infatti ambientata nella Germania della Seconda Guerra Mondiale, periodo era prepotente la lotta tra ebrei e la creazione della razza ariana.
Jojo che come amico immaginario ha una versione buffonesca di Adolf Hitler, frutto della visione con cui è cresciuto, a soli 10 anni si unisce alla Gioventù Hitleriana. Ed è qui che finzione e realtà si incontrano.
La Gioventù Hitleriana era un associazione formata dai bambini, affinché le loro menti potessero essere plasmate e convertite al Nazismo. Hitler sosteneva che il modo migliore per avere adulti obbedienti fosse quello di raggiungerli da bambini, per cui venne creato un vero e proprio programma che li addestrasse ad essere soldati e a combattere per le giuste cause.
Inizialmente la partecipazione era volontaria, ma nel 1936 i bambini furono obbligati a prendervi parte, pena campi di rieducazione e genitori in prigione.
Jojo Rabbit grazie alla partecipazione del protagonista alla gioventù Hitleriana ha cercato di raccontare una delle più brutte pagine della nostra storia. Tuttavia grazie alla sua componente comica e satirica (che rivediamo nel rapporto tra Jojo e il suo amico immaginario) crea un black humor e si presta bene per essere visto da grandi e piccini.
L’intento è stato quello di creare un modo alternativo di guardare a questa parentesi tramite gli occhi di un bambino che indottrinato a seguire un regime totalitario, con la promessa di esserne riconosciuto anche soltanto un uniforme, capirà sul finale del film, come andare oltre i pregiudizi e ripensare ad un futuro senza distinzioni razziali.
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