“Mi sono sempre sentito diverso”: le confessioni di Eugenio Finardi e la storia della figlia down

E’ un’intervista di ormai un mese fa, ma è un’intervista che merita di essere – in parte – riportata.

E’ l’intervista di Mario Luzzato Fegiz per il Corriere della Sera ad Eugenio Finardi.

Un’intervista in cui il cantante meneghino classe ’52 s’è raccontato, parlando dei suoi primi 70 anni (compirà 70 anni in 5 giorni), del suo modo di essere, della vita privata e della musica.

Davvero di un po’ tutto.

Ma riportiamo solo alcuni passaggi, i più salienti.

Come quello in cui Finardi ha citato il poeta statunitense Walt Whitman, per raccontare la propria diversità:

“Sarà una regalo di mia mamma albina (e statunitense, ndr). Citando Walt Whitman: “Mi contraddico? Ebbene sì, contengo moltitudini”. Alla mia diversità ha contribuito l’avere un sacco di amici di famiglia ebrei. Mi sento come un ebreo newyorkese con quel humor provocatorio alla Woody Allen”.

E sulla sua diversità, ha raccontato la vicenda della figlia primogenita – Elettra – 40 anni e la sindrome di Down:

“Anche questo è un dolore che non passa mai. È invecchiata. Vive in una casa famiglia. Adesso non ha più il telefono, le crea ansia. Il primo pensiero quando è nata e ho saputo che era Down fu: “Neanche in questo sono riuscito ad essere come tutti gli altri”. Io mi sono sempre sentito diverso. E lo ero. Anche grazie a una madre protestante”.

Interessante poi il retroscena sulla sua separazione dall’etichetta discografica, la Warner:

Da 20 anni non sono più nel business. Nel 2002 sono stato liberato dalla Warner. Da allora solo progetti speciali. Uno dei momenti topici della mia vita: ero a New York a registrare l’album Occhi, l’unico disco che ho realizzato all’estero. Abitavo a casa dei miei genitori mentre loro svernavano in Florida e andai a trovare Ruby Marchand, pezzo grosso della Warner. Lei ascoltò i miei lavori e alla fine disse: “Non sei abbastanza italiano per vendere nel mondo. Noi abbiamo bisogno di artisti come Zucchero o Ramazzotti”.

E sugli altri artisti, con cui ha un rapporto:

“Con Alberto Camerini. In passato con Demetrio (Stratos, leader degli Area, ndr), Fabrizio De André, Battiato. Baglioni, dolce e sensibile, si informava sempre su Elettra. La chiamava al telefono. Cortese, attento anche nei dettagli. Gianna Nannini e poi Ligabue che mi ha invitato al prossimo concerto al Campovolo”.

Mentre, sulle nuove generazioni:

“Non li conosco, non so cosa facciano. Mi piacciono i Måneskin perché mi ricordano di com’ero io alla loro età”.

Infine, tra tanti passaggi interessanti – quello sul suo presunto ateismo e sul suo rapport con Dio:

“Ecco un bell’argomento. Io mi sono interrogato molto sulla natura di Dio. Il Dio della Bibbia, il Dio del Corano, sembra severo, ma anche geloso: i primi Comandamenti sono incentrati sul concetto: “Non avrai alcun Dio al di fuori di me”, mi sembrano espressioni di fragilità… Dio per me è l’Universo. Le sue leggi sono veramente immutabili e indiscutibili, la gravità, la forza centrifuga, insomma le leggi della fisica. E la musica è un sacramento… una “terza”, una “quinta”. Le dodici note. Fra loro vi sono relazioni assolute, regole precise cui dobbiamo obbedire ovunque. L’Universo ha creato se stesso. Con lui sono nati lo spazio, il tempo. Tutto. Ma Dio se ne frega di cosa facciamo, come mangiamo, ci vestiamo, ci laviamo… Noi lo bestemmiamo distruggendo la terra che ci sta ospitando. Dovremmo mettere la conoscenza in primo piano e ammettere la nostra ignoranza. Il peccato è credere di aver capito tutto mentre non è vero. La verità si svela, non si rivela”.


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