E’ passata una settimana dall’offensiva da parte della Russia sull’Ucraina con l’invasione di Kiev da parte dell’esercito russo. Un conflitto (che esiste già da 8 anni) che ha portato la Russia a ricevere sanzioni imposte dall’UE, tra cui l’esclusione dall’Eurovision e dal mondiale di calcio. Oltre a queste, è arrivata la cosiddetta cancel culture, ovvero di eliminare ogni contenuto appartenente dalla cultura russa dal mercato come forma di protesta contro la guerra in Ucraina. Ma serve davvero a fermarla in questo modo?
In Italia è stato eliminato il corso su Fëdor Michajlovi Dostoevskij, che lo scrittore Paolo Nori aveva preparato all’Università Bicocca di Milano. Proprio lo scrittore, aveva fatto sapere in una diretta Instagram di aver ricevuto una mail da parte dell’Università in cui è scritto: “Caro professore, il prorettore alla didattica ha comunicato la decisione presa con la rettrice (Giovanna Iannantuoni, ndr) di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è evitare qualsiasi forma di polemica, soprattutto interna, in questo momento di forte tensione”.
Poche ore fa, però, sono arrivate le scuse da parte della rettrice, nelle quali fa notare che c’è stato un semplice malinteso dovuto ad un momento di forte tensione. Nori ha però replicato che “per ‘ristrutturare il corso e ampliare il messaggio per aprire la mente degli studenti. Aggiungendo a Dostoevskij alcuni autori ucraini’.
Insomma, una censura che puzza ed è alquanto assurda. Ma non sono le università e la scuola in generale il motore della conoscenza e della comprensione in un momento storico così complicato chi lo farà? L’abbattimento di ogni forma di cultura proprio oggi diventa dannoso e non permette di aprire la mente in un mondo che ci mette in una realtà ancora più difficile.
La retrospettiva regista russo Karen Georgievich è stato censurato dal Museo nazionale del Cinema di Torino. Così come Alexander Gronsky, fotografo non accettato dal Festival della fotografia Europea per la sua nazionalità russa. Quest’ultimo però a differenza di Geogievich è stato arrestato (e poi rilasciato) per aver manifestato contro Vladimir Putin lo scorso 26 febbraio.
Anche il cocktalil Moscow Mule ha subito la censura e si chiamerà Kiev Mule o Snake Island Mule, per ricordare l’isola teatro di guerra (Isola dei serpenti). Questo è cià che accade in molti bar degli Stati Uniti per esprimere solidarità all’Ucraina in segno di protesta contro Vladimir Putin. Altri nomi cambiato sono quello della Capiroska tramutata in Caipi Island e quello del White Russian o Black in White Ukranian o Black Ukranian.
Una censura che ha scatenato molte proteste su Twitter: “La cancel culture è sbagliata, lo sappiamo tutti, ma anche cancellare completamente una nazione, cancellare la sua storia, la sua cultura e i suoi abitanti è sbagliato, non scordatevelo”.
Insomma, cancellare un paese, tutta la cultura, le sue opere d’arte, le sue caratteristiche non porta certo pace, ma soltanto una nefasta distruzione.
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