Lucy Liu e gli stereotipi sugli asiatici: “Ho contribuito ad abbatterli, ma la strada è ancora lunga”

La battaglia contro ogni tipo di discriminazione vede in prima linea anche i protagonisti del cinema e dello spettacolo.

Lucy Liu, famosa attrice statunitense di origini taiwanesi, si è soffermata sull’impatto culturale del film “Charlie’s Angels”, uscito nel 2000, quando gli stereotipi nei confronti degli asiatici avevano ancora una larghissima diffusione. 

In un editoriale pubblicato giovedì dal Washington Post, intitolato “Il mio successo ha contribuito a spostare l’ago. Ma ci vorrà di più per porre fine a 200 anni di stereotipi asiatici”, l’attrice nominata agli Emmy ha spiegato perché fu davvero importante per lei recitare in quella pellicola.

“Quando ero piccola, nessuno in televisione, nei film o sulle copertine delle riviste somigliava a me o alla mia famiglia”, ha riflettuto. “Il più ‘simile’ è stato Jack Soo di ‘Barney Miller’, George Takei di ‘Star Trek’, e soprattutto l’attrice Anne Miyamoto della pubblicità dell’ammorbidente Calgon”. 

L’attrice, oggi 52enne, ha precisato come spesso Hollywood tenda ad immaginare “un mondo più progressista della realtà”, ed è uno dei motivi per cui Charlie’s Angels “era così importante per me”, prosegue la Liu. 

“Il mio personaggio Alex Munday ha normalizzato l’identità asiatica per un pubblico mainstream”, ha spiegato Lucy Liu. Tuttavia, la stessa attrice newyorkese sottolinea come tanto sia stato fatto, ma la strada è ancora molto lunga. 

Liu ha fatto riferimento al suo personaggio di “Kill Bill”, O-Ren Ishii, soprannominata “Dragon Lady”. 

“Avrei potuto indossare uno smoking e una parrucca bionda nel film e sarei stata comunque soprannominata così”. Per questo, Liu ha chiesto a Hollywood di “separarsi dallo stereotipo”. 

 


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