Nato a Milano nel 1946, Ettore Andenna è stato tra i ’70 e i ’90 un volto estremamente noto della televisione italiana.
Il suo nome è indissolubilmente legato a quello di Giochi Senza Frontiere, programma cult per i nati fino agli anni ’90.
Un programma che – solo a sentirne la sigla – sapevi che era giunta l’estate.
Era l’emblema di una Europa ludica.
E se qualcuno ha scritto che l’Italia l’ha fatta la televisione (e Alberto Manzi ha diffuso l’italiano), possiamo affermare che Giochi Senza Frontiere ha contribuito fino agli anni ’90 a fare l’Europa.
Ettore Andenna all’Europa è in assoluto molto legato (è stato Eurodeputato, tra le altre cose) anche se oggi sembra particolarmente disilluso – come tanti altri europeisti della prima ora.
Ma lasciamo spazio alle sue parole, ché c’è parecchio da leggere (e dobbiamo ringraziarlo per le interessanti analisi).
D: Non c’è mai stata – dall’ultima edizione, datata 1999 – la possibilità di un rilancio del programma?
R: Qualcuno ci ha pensato, ma non si è mai realizzata la propensione perché ormai tutto viene delegato a produttori esterni e dato che si tratterebbe di una coproduzione internazionale con una sovrintendenza internazionale i costi sarebbero controllati, quindi un produttore chiede:”…ed io dove guadagno?”. Dovrebbe rifarla la Rai come sua produzione, com’era allora, ma ormai la Rai si preoccupa più delle fictions.
D: Riteniamo che GSF abbia formato in qualche modo una coscienza europea: che ne pensa?
R: Vero, per trent’anni ha dato un’immagine ludica e di divertimento dell’Europa alle nuove generazioni cancellando molta di quella guerrafondaia.
D: Circa l’Europa, cui è sempre stato fortemente legato per molteplici motivi (dal suo ruolo di Eurodeputato alla conduzione e al commento di programmi fortemente europeisti come GSF ed Eurovision): cosa è per lei l’Europa?
R: Sono un po’ pessimista, l’Europa non è quella che avrebbe potuto essere ed ora la vedo veramente come il vecchio continente. E’ sempre meno una comunione di stati, c’è un tentativo egemonico da parte della Germania che sta per perdere la sua terza guerra in poco più di cent’anni, le prime due con le armi e questa con i soldi. Troppa differenza di lingue, culture, storia, interessi e troppa dipendenza dalle materie prime che hanno quasi tutte gli altri.
D: Quali sono i pregi ed i difetti dell’Europa, per come è ora?
R: Vedi sopra.
D: Cosa ne pensa – lei che è il proponente della direttiva “Televisione senza frontiere” – del progetto di una tv europea, lanciata da Mediaset? Potrebbe servire a rafforzare un sentimento europeo in un momento storico in cui la disaffezione è ormai conclamata?
R: Dipende, credo che sia più un’operazione di diversificazione di asset e quindi finanziaria. Il fenomeno della globalizzazione si sta rivoltando su se stesso, il futuro secondo me sarà il ritorno dall’universale al particolare, ogni individuo avrà nel cloud le sue caratteristiche e preferenze e potrà costantemente fare una ricerca che gli sottoporrà scelte on demand mirate in funzione di quelle. L’Europa in quello non esiste più, esiste il mondo. L’individuo si rinchiuderà sempre di più, ma con il mondo a disposizione virtualmente. Il Coronavirus ha iniziato questa rivoluzione esistenziale. Non sono convinto che l’Europa com’è ora possa andare avanti come Europa unita.
D: Per quanto riguarda la televisione, in assoluto: ne vede? Cosa apprezza?
R: La guardo, ma non riesco proprio più a vedere i programmi d’intrattenimento, i reality e quasi tutti i talk show, guardo l’Eredità e mi diverte perché abbiamo una televisione in cucina e la sera prima di cena è diventata rituale, poi film, qualche serie che mi viene segnalata dai figli, sport a manetta e qualche bel documentario su Discovery.
D: Per finire: ritiene ci siano margini per qualche ulteriore nuovo progetto che la veda protagonista? O, pensando alle nuove tecnologie e alle nuove piattaforme, ha mai pensato a fare qualcosa sul web?
R: Negli ultimi vent’anni ho visto rifare, con successo, cose che ho inventato io più di quarant’anni fa, tutti hanno il mio numero di telefono, qualche progetto nuovo ce l’ho, ma nessuno chiama ed io non sono uno che va in video a frignare che non ho lavoro, non l’ho mai fatto. Oggi la televisione, in Italia, è in mano ad un numero ristrettissimo di agenti che programmano ed impongono artisti alle grandi reti generaliste, le piccole non osano sperimentare perché vogliono scimmiottare le grandi quindi io non ho un agente di quelli importanti, le piccole pensano che uno come me costi una fortuna e non chiamano. Io vivo benissimo lo stesso e mi porterò le mie idee nell’aldilà. Per il web sono troppo pigro, se qualcuno avesse qualcosa di già pronto e non faticoso potrei prenderla in considerazione. Quella che mi manca veramente un po’ è…la radio! Ma forse perché invecchiando si cerca di tornare alle gioie della gioventù.
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